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Un megafono democraticamente ineletto

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megafono

 

Ci risiamo: nel caso non fosse sufficiente paralizzare l’Italia con la stolida intransigenza dei “rivoluzionari” duri e puri che non accettano compromessi con la casta, anche la futura elezione del prossimo Presidente della Repubblica è l’ennesima ghiotta occasione per il M5S di prendere ulteriori distanze (ormai siderali) dalla prassi istituzionale e, soprattutto, dal senso della realtà.
A parlare per conto della base a 5 stelle è sempre il “megafono”, Beppe Grillo, che dalle pagine del suo blog pone ai grillini in parlamento un veto perentorio sui nomi circolati in questi ultimi giorni, quelli di Stefano Rodotà, giurista, ex deputato e garante della privacy, e di Gustavo Zagrebelsky, ex-membro della Corte Costituzionale, inadatti proprio per via degli incarichi istituzionali che hanno ricoperto in passato. Rifiutando a priori convergenze diplomatiche e continuando a ignorare il dialogo con i rappresentanti del 75% degli elettori che non ha votato per il M5S, Grillo aggiunge che il nome che la compagine pentastellata deve presentare in parlamento sarà decisa da votazioni online su una rosa di dieci nomi, in due turni e aperte soltanto agli iscritti al movimento.
Ora, una serie di riflessioni nasce spontanea: la precedente mobilitazione online, quella attuata in occasione della composizione delle liste per le elezioni politiche (le “parlamentarie” del dicembre scorso), ha attirato numerose critiche per via dell’opaca macchina organizzativa che pesanti dubbi sollevava negli stessi militanti (“Io non ci credo alle votazioni on line, [Casaleggio] manda chi vuole lui”) e per la scarsa partecipazione (hanno votato circa 32000 iscritti). Oggi, prevedendo un volume di voti analogo o di poco superiore, viene spontaneo chiedersi quali garanzie di sicurezza e validità fornisca ora il sistema di voto online; se, a fronte degli 8,5 milioni di voti conquistati alla recente tornata elettorale, sia ancora legittimo fare riferimento alle decisioni prese dalla sparuta minoranza degli iscritti al movimento e, in ultimo, quali possano essere le conseguenze politiche e democratiche di questa costante esautorazione dei gruppi parlamentari grillini, apparentemente costituiti da automi lautamente stipendiati solo per dare seguito agli ordini del “megafono”.


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